
E’ senza dubbio il salame più caratteristico del Parco Nazionale del Cilento e Vallo Di Diano .
Nulla da togliere agli altri salumi (salsiccie, pancette, capicolli, culatelli ), ma la Soppressata di Gioi è un’altra cosa.
La prima cosa che ti colpisce e che ti resterà nella mente per sempre è il profumo di quando l’affetti, (possibilmente a coltello con fette non troppo sottili), poi ti viene la curiosità di capire come si fa ? , come si inserisce quel filetto di lardo al centro della carne magra ? Le domande però lasciano il posto all’acquolina di assaggiarla, e dopo mentre ancora stai gustando quella prima fetta, senza accorgertene sei già lì con la mano pronto a prenderne un’altra.
E’ troppo buona, non trovo altre parole per definirla. Tutte le persone a cui l’abbiamo proposta, ne sono rimasti entusiasti, sempre. Per noi in negozio è un vero e proprio cavallo di battaglia, oggi ancora di più, infatti ci sono nel Cilento due ottimi salumifici che in maniera del tutto artigianale la producono: Salume del Cilento e Piccolo Salumificio di Gioi, entrambi nostri fornitori.

Torniamo alla soppressata, abbiamo fatto delle ricerche in rete, per saperne un po’ di più ed ecco cosa abbiamo trovato.
“ Non so cosa direbbe la Zia Emma, se fosse ancora viva, nel sapere che la soppressata di Gioi (in dialetto sepersata o sopersata) è diventata famosa in tutta Italia e non solo. Contraria com’era ai “modernismi”, forse si arrabbierebbe, ma in cuor suo ne sarebbe molto soddisfatta perché vedrebbe solennemente riconosciuta la prelibatezza di un salume paesano che per tanti anni aveva fatto ad uso familiare con tanta cura, pazienza, impegno e qualche sacrificio.
I riferimenti e le citazioni abbondano; si va dalle riviste di gastronomia ai testi sul turismo, dai protocolli delle diete ai programmi di sagre e manifestazioni paesane, provinciali e regionali, oltre ai numerosi siti INTERNET che, direttamente o indirettamente, la richiamano.
Partendo dagli aspetti storici, dal materiale consultato abbiamo appreso che notizie sul prodotto risalgono all’undicesimo secolo, come riportato nel compendio “Della agricoltura pratica” di P.N. Columella Onorati, edito nel 1835, che, alla pagina 162, riporta testualmente : “….tra le soppressate si lodano molto quelle di Noia, ma eccellenti sono quelle del Cilento e specialmente delli Gioi, nel Principato Citra…” .
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L’ elemento comune dei tanti commenti descrittivi è costituito dall’unanime riconoscimento dell’unicità del prodotto per quanto attiene alla tecnica di lavorazione e alla forma. Si ricava soltanto dalle parti pregiate del suino: filetto, coscia, lombo e spalla, accuratamente mondate di tutte le cartilagini e dei nervetti. La carne è sminuzzata finemente a punta di coltello e condita con sale e pepe. L’impasto, amalgamato con cura, deve riposare per qualche ora. Quindi si insacca nel budello naturale, inserendo al centro un filetto di lardo lungo quanto l’intera soppressata e largo circa due centimetri (in dialetto lardiello). Le operazioni di insacco sono inevitabilmente e tradizionalmente manuali.
L’impasto, al momento dell’introduzione nell’involucro, deve essere ben pressato con le mani per eliminare l’aria, anche praticando con un ago piccoli fori nel budello. Alla fine si provvede alla chiusura con lo spago. Inizia poi la fase della stagionatura; le soppressate restano appese a pertiche in legno per almeno quaranta giorni in locali le cui temperature, dato il periodo (novembre-febbraio), permangono piuttosto basse (dai quattro ai dieci gradi).
Al termine della stagionatura, vengono pulite con un panno e sono conservate sott’olio in appositi recipienti. Qualcuno preferisce conservarle avvolte nella crusca. Ne viene consigliato il consumo non prima della Pasqua. La conservazione non dovrebbe superare l’anno.
A differenza degli altri salami, che sono cilindrici, la soppressata di Gioi assume la forma di una pagnottella leggermente schiacciata al centro in senso longitudinale; la lunghezza è di circa tredici centimetri, la larghezza di otto; il peso medio, dopo la stagionatura, è di circa duecentocinquanta grammi.
Va gustata a fettine, non troppo sottili, il cui colore è rosso bruno, reso ancora più intenso dal contrasto col bianco marmoreo del lardiello interno, che va mangiato insieme al magro oppure lasciato da parte. Il profumo è intenso è aromatico. In bocca il gusto è lungo e ricco. E’ ottima come antipasto, ma va molto bene anche per uno spuntino in qualsiasi ora del giorno. Ad essa bisogna accompagnare vino rosso, preferibilmente pastoso.

Il territorio di produzione coincide con quello del Comune di Gioi (caratteristico borgo medievale cilentano posto in collina, a circa settecento metri di altitudine, non distante dalla costa tirrenica) e dei Comuni vicini di Piano Vetrale e di Orria. Anche nel resto del Cilento si produce buona soppressata, ma si tratta di cosa che non può in alcun modo competere con quella di Gioi, la cui tecnica di lavorazione, tramandata di padre in figlio, non è facilmente imitabile.
Lo studio dei prodotti agroalimentari tipici della Campania, pubblicato nel 1995 a cura del Prof. A.Giardiello della facoltà di Agraria dell’Università di Napoli ha dato particolare risalto all’origine delle carni adoperate per la soppressata di Gioi, precisando che, in generale, “si tratta di animali allevati allo stato brado o semi-brado, spesso alimentati con vegetazione spontanea, tipica dei luoghi, tra cui spiccano ghiande, rizomi di felce, oltre agli scarti e agli avanzi della cucina familiare” . Da ciò deriverebbero favorevoli ripercussioni sulla “compattezza e sapidità delle carni” .
La soppressata di Gioi figura nella lista dei migliori prodotti del mondo nella rassegna internazionale “AUX ORIGINES DU GOUT” le cui mostre sono aperte in vari periodi dell’anno nei diversi Stati. La troviamo elencata accanto ai pregiati salumi di LOZER-MAISON FAGES, a quelli CATALANI, dei PYRENEES, di CERDAGNE, al prosciutto di PIETRAROJA, alle FOIE-GRAS-MAISON PARIS.
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Vino consigliato in abbinamento:

Naima 2003 IGT Aglianico – Cantina De Concilis.
Potente ed elegante, è l'aglianico nel Cilento; ricco di sentori di frutta, balsamico, espressi al naso e in bocca di piena maturità, caldo come un viaggio nel Cilento. Rosso rubino carico, quasi cupo, profumi di frutti di bosco, timo, more, marasca, cacao, caffè, vaniglia, molto intenso e molto persistente, in bocca sapido, tannico, rotondo.
Affinamento : 12 mesi in botte, 6 mesi acciaio, 6 mesi bottiglia.
E a proposito di Naima De Concilis, ecco cosa scriveva luciano pignataro sul suo blog nel 2003 quando finalmente questo aglianico fù premiato dai tre bicchieri di gambero rosso:
" Bisogna avere il palato in continuo allenamento per stare dietro alle esplorazioni in cantina di Bruno De Conciliis ma ne vale la pena: il suo Naima prende finalmente quei tre bicchieri a lungo rinviati sulla guida Slow Food-Gambero Rosso ed è l'unico guizzo nel Mezzogiorno di una edizione abbastanza conservatrice per non dire scontata. La vite nel Cilento ha almeno 2500 anni, ma il vino appena una quindicina: Bruno ha capito che per parlare di tradizione era necessario innovare completamente tutto senza attardarsi in schemi inesistenti in un territorio che, ha differenza di altri, non aveva vitigni e metodi da ossequiare o rispettare. «Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente» scriveva Mao Zedong: in vigna c'era di tutto, la doc permette tutto e Bruno ha cominciato da Zero, un rosso meridionale potente, stanco e sibarita. Il Naima è invece un aglianico che ha studiato l'inglese, va incontro non al gusto internazionale così come lo si intende ormai in Italia, quella morbidezza assurda che pialla territori, vitigni e persone: resta invece tipico proprio grazie alla sua modernità. Al naso la frutta lascia rapidamente spazio a sentori animali, in bocca c'è struttura, alcol, i tannini sono ben dosati e il legno non è mai invasivo. Dall'aglianico Bruno pretende l'impossibile, lo vuole pronto in poco tempo e così vendemmia dopo vendemmia c'è un corpo a corpo in cantina capace di regalare nel bicchiere emozioni nuove, il Cilento moderno che stacca netto gli altri territori grazie al Parco Naturale contro il quale si opponevano piccoli sindaci di cui non si ricorderà altro se non il loro tentativo di importare il Calabria Style grigio cemento sul mare azzurro di Parmenide. Questo sforzo costa molto al consumatore, troppo a nostro giudizio: siamo sopra i 20 euro. L'unicità del Naima, come quella dello Zero, non concede distrazioni ed è per questo che noi non li amiamo in abbinamento, ma li beviamo e li consigliamo assoluti. Un bicchiere nuovo, spiazzante come nessuno in Campania, finalmente una via di fuga dai noiosi dibattiti tra modernisti e conservatori in cui ci si attarda inutilmente negli ultimi anni."
Foto e info in rete.
PS: Questo è il nostro post numero 100, al 101 ! Siamo orgogliosi.